Trattamenti di quiescenza: che cosa sono? A quali soggetti fanno riferimento?

Trattamenti di quiescenza

Quando si parla dei temi relativi alla fine del rapporto di lavoro, spesso in relazione all’inizio dell’età pensionabile, si fa frequentemente riferimento al cosiddetto “trattamento di quiescenza“. In molti, però, non hanno ben chiaro il significato ditrattamenti di quiescenza“, probabilmente a causa delle diverse implicazioni, che possono variare in base ai diversi contratti collettivi nazionali di lavoro. Cerchiamo quindi di fare chiarezza su questo argomento in modo che ogni cittadino possa usufruire correttamente delle prestazioni in suo diritto.

Trattamenti di quiescenza: che cosa sono?

Per definizione, i trattamenti di quiescenza consistono accantonamenti di previdenza integrativi che l’azienda accantona in modo da erogarli in secondo momento, ovvero sotto forma di  trattamento pensionistico integrativo (o indennità di fine rapporto) alla fine dell’attività di lavoro. Si tratta quindi di un trattamento attribuito di diritto ai dipendenti di ruolo (sia privati che pubblici) erogato nel momento in cui vengono collocato a riposo, che comprende sia la liquidazione, sia la pensione.

Per le azione che accantonano in vista dell’erogazione di tali trattamenti, l’ammontare finale non è prevedibile in quanto influiscono diversi elementi, tra cui la durata del rapporto di lavoro. Tuttavia, si tratta di importi prevedibili in linea di massima, seguendo le indicazioni riportate nei contratti di lavoro.

Talvolta (in particolare quando si usa il termine per far riferimento a dipendenti non pubblici) per trattamenti di quiescenza si possono indicare anche dei fondi privati a carattere previdenziale. Non capita di rado che sia lo stesso datore di lavoro a fornire indicazioni circa la destinazione e le modalità di questi fondi per i suoi dipendenti.

Nella maggior parte dei casi, infatti, questi fondi sono strettamente connessi al settore di lavoro, o comunque previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Ad ogni modo, è bene sottolineare che si tratta di fondi di previdenza integrativi che non sono associabili al T.F.R. (Trattamento di Fine Rapporto) o al T.F.S. (Trattamento di Fine Servizio, riservato ai dipendenti statali), che restano dei trattamenti a sé stanti.

A chi si rivolge il trattamento di quiescenza?

Come già accennato nel paragrafo che precede, il trattamento di quiescenza è riservato sia ai dipendenti privati che ai dipendenti civili e militari dello Stato (cioè ai dipendenti pubblici) e viene erogato al momento della cessazione del rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche o con il datore di lavoro.

Il trattamento di quiescenza per i lavoratori pubblici può essere costituito sia da situazioni non patrimoniali che da situazioni patrimoniali. Nel secondo caso, si tratta generalmente di un trattamento pensionistico erogato sotto forma di indennità una tantum. L’entità e la possibilità di vedersi accreditate queste somme dipendono dalla quantità di anni di servizio, che concorrono al raggiungimento di determinate soglie (come specificato dal d.p.r. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 42).

Per quanto riguarda nello specifico i dipendenti civili e militari delle Pubbliche Amministrazioni, la normativa impone la corresponsione di una indennità di buonuscita (o trattamento di quiescenza di buonuscita) nel momento in cui termina il rapporto lavorativo. Lo scopo è quello di favorire in reintegro nella società del dipendente civile o militare una volta terminato il servizio.

A differenza dei fondi di indennità di fine rapporto a personale dipendente obbligatorio di cui all’articolo 2120 del Codice civile, i fondi relativi ai trattamenti di quiescenza si dividono in:

  • fondi destinati ai dipendenti in qualità di fondi pensione o fondi per indennità di fine rapporto integrative rispetto a quelli previsti dalla legge
  • fondi indennità destinati ai collaboratori non legati da rapporto di lavoro dipendente

Nel secondo caso, è bene specificare che per collaboratori si intendono sia i collaboratori coordinati e continuativi che gli agenti rappresentanti.

Domanda di assegno di quiescenza

Se da una parte in alcuni casi l’erogazione del trattamento (o assegno) di quiescenza è automatica, in altri è necessario che il dipendente pubblico presenti una specifica domanda all’ente amministratore. A sua. volta, l’ente è tenuto a compilare il cosiddetto modello PR1 e inviarlo all’istituto previdenziale entro 6 mesi dalla presentazione della domanda, altrimenti l’istituto previdenziale applica gli interessi moratori. Lo stesso istituto comunica la sua delibera (contro la quale il richiedente ha tre mesi di tempo per fare ricorso). La domanda di riscatto deve comunque essere presentata entro determinate tempistiche, pena la decadenza del diritto.

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