Cominciano a farsi evidenti i primi segnali positivi provocati dallo Jobs Act, la riforma del lavoro che mira a lunga gittata ad eliminare il precariato.
Introdotta dal Presidente del Consiglio Renzi con l’acronimo di “Jumpstart Our Business Startups Act”, si riconduce ad una recente disposizione normativa Usa che sostiene le piccole imprese ed è stata estesa nella versione nostrana all’intero ambito del mondo lavoro.
Commenta soddisfatto il Premier: “Con il Jobs Act abbiamo creato nuove occasioni d’impiego. Finalmente questo Paese riparte: il tasso di disoccupazione generico volava oltre il 13%, mentre quello giovanile sforava al di la’ del 46%. Siamo andati oltre le più rosee previsioni”. Non a caso questa riforma ha ricevuto apprezzamenti importanti e gratificanti dalla Banca Centrale Europea, dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e dall’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).
Ma andiamo a leggere nel dettaglio i rilevamenti statistici in proposito. Secondo i dati più recenti registrati nel mese di settembre 2015, l’indicativo di disoccupazione generica e’ sceso all’ 11,8% – il che corrisponde a 264 mila disoccupati in meno – mentre quello relativo ai popolo giovanile diminuisce fino al 40,5%. A bilanciamento di ciò, è vero che in questo periodo si è verificata una flessione negativa con 36mila unità lavorative in meno, ma e’ anche vero che confrontando lo sviluppo complessivo della situazione da un anno all’altro, in ambito occupazionale è evidente una crescita dello 0,9% e 192 mila cittadini ora sono impegnati nuovamente in posti di lavoro, confermando così il bilancio decisamente propositivo con il totale di 220mila assunti (+1,3%): 107 mila a termine e ben 113 mila a tempo indeterminato, i quali, con la nuova tipologia contrattuale “a tutele crescenti”, usufruiranno di garanzie in crescendo con lo scorrere degli anni d’impiego.
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